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Diario

Vivaldelli torna a Rovigo. Vent'anni di amicizia

Numerosa la partecipazione, presenti anche coppie da altre regioni.

La settimana scorsa con Ca’ Verta - casa delle famiglie - abbiamo vissuto un weekend di spiritualità in preparazione alla Pasqua dal titolo “A te la mia preghiera, Signore (Sal 69,14). Quaresima, preghiera e vita quotidiana”. A guidare gli incontri, nel pomeriggio di sabato e nella mattinata di domenica presso il Seminario di Rovigo, è stato il biblista e saggista Gregorio Vivaldelli. Come descrivere l’esperienza? Vorremmo trovare parole originali, raccontare ciò che abbiamo ascoltato con lo stesso vigore ed entusiasmo con cui ci è stato comunicato, per trasmettere le emozioni provate in modo coinvolgente. Ma non sapremmo come ripetere i contenuti senza rischiare di essere banali o riduttivi.

La gestualità, il tono di voce, la ferma convinzione che pervade le sue parole, la fede convinta e gioiosa fanno da traino a tutto ciò che Vivaldelli dice. Ed è per questo che non ci stanchiamo di ascoltarlo ogni anno, perché non ripete mai sé stesso ma ha la grande capacità di rinnovarsi e rendere “nuova” la Parola di Dio che annuncia.

Quest’anno abbiamo festeggiato i vent’anni dalla sua prima partecipazione a Rovigo: era il 2 giugno 2004 e si celebrava la terza Festa diocesana delle famiglie. Giulio e Donata Pizzo, membri dell’equipe dell’ufficio famiglia sotto la direzione di don Vanni Cezza, avevano partecipato ad un convegno a Roma promosso dall’Ufficio di pastorale familiare nazionale e lo avevano ascoltato in un suo intervento. Tornati a Rovigo hanno detto: «Secondo noi Vivaldelli potrebbe essere un buon relatore alla festa, capace di entusiasmare le famiglie». Tutti furono entusiasti, e da quel primo sì è nata una amicizia e un legame spirituale forte che ci ha condotti fino ad oggi.

Il tema del weekend è stato l’ascolto: ascolto della Parola di Dio come strumento necessario per entrare in comunicazione con il Padre ma attraverso Gesù, il Figlio incarnato. E la Parola meditata dal biblista è stata la parabola del seminatore, con l’invito a far penetrare il seme gettato e caduto, fino alle più profonde fenditure del cuore. In ciascuno di noi coabitano tutti i quattro tipi di terreno: la strada, i sassi e i rovi; ma noi siamo terreno buono ed è solo nella misura in cui riusciremo ad affrontare le inevitabili fatiche del cammino, chiedendo e confidando nell’aiuto di Dio, che porteremo i frutti del trenta, del sessanta e del cento per uno.

Avete presente quando ci si sente schiacciare da grossi pesi e ci sembra di non essere capaci di alzare la testa ma solo di guardare in basso? Anche il respiro si fa affannoso e corto e la sensazione è quella di inciampare e cadere perché non abbiamo energie per proseguire. Ma ad un certo punto decidiamo che dobbiamo fare qualcosa per uscire da questa situazione di disagio e cominciamo a scaricare i pesi pesanti… E le spalle si raddrizzano, la testa si rialza, e gli occhi contemplano il cielo e il respiro torna a riempire i polmoni. Ecco, questa è stata la sensazione di questi due giorni. Un nuovo vigore, una nuova energia e una fiducia nell’oggi. Ci è stato detto che non dobbiamo preoccuparci di come la Parola di Dio viene accolta nel mondo: dobbiamo piuttosto preoccuparci di verificare noi stessi per capire se la Parola di Dio è presente dentro di noi! Perché da noi può partire il cambiamento. Un suggerimento? Prenderci ogni giorno un momento per ascoltare la Parola di Dio (come ci dice sempre anche papa Francesco) e la Quaresima può essere un tempo propizio per impegnarci in questo. È una sorta di “google maps” per l’anima, che dà le indicazioni giuste per vivere la vita di ogni giorno. Basta poco, ma quel poco può significare molto.

Hanno partecipato al weekend un centinaio di persone, che provenivano anche da altre regioni d’Italia e da altre città e abbiamo visto volti sorridenti, sollevati, grati per l’opportunità che l’equipe di Ca’ Verta – la casa di spiritualità delle famiglie della nostra diocesi – ha dato loro. Ma il nostro grazie va soprattutto a Gregorio Vivaldelli. Come segno di gratitudine gli abbiamo portato la torta con sopra due candeline con il numero 20 e gli abbiamo detto che poteva esprimere due desideri: il suo personale non lo sappiamo, ma l’altro gliel’abbiamo suggerito noi: tornare per altri vent’anni a Rovigo.

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Articolo pubblicato su: "La Settimana", inserto del quotidiano Avvenire, domenica 3 marzo 2024.